Ragazza esegue stampa serigrafica - Giuseppe Canali Artista

STORIE DI SERIGRAFIA

Ricordi legati alla Serigrafia – di Giuseppe Canali

ESPERIENZA UNICA

Durante l’estate del 2024 ho guardato in televisione anche una parte delle paraolimpiadi che si sono svolte a Parigi. Guardare questi atleti diversamente abili fare dei record è stato un’esperienza unica. Dato che nella vita tra le altre materie ho insegnato in un corso di stampa serigrafica da me progettato presso un centro professionale del Comune di Roma, non potevo non ricordare un episodio avvenuto proprio nel laboratorio di stampa serigrafica tanti anni fa.

Bisognerà però fare una specifica per far capire bene l’eccezionalità di ciò che è accaduto nel laboratorio. Per chi non conoscesse la stampa serigrafica: un telaio a trama fitta almeno 120 fili al centimetro quadrato e una sostanza che chiude i pori della trama. Solo attraverso la trama lasciata libera e permeabile spingendo da sopra il telaio verso basso l’inchiostro con una spatola “racla” di legno in cui è inserita una lamina di gomma, l’inchiostro passando attraverso la trama libera va a depositarsi sul foglio o su supporto sottostante. Naturalmente ci sono tanti modi per chiudere “incidere” parti del telaio.

La tecnica di stampa è abbastanza semplice: lo stampatore deve stare in piedi, con la racca tra le mani, allungarsi sul telaio, deve raccogliere l’inchiostro con la racla e trascinarlo verso di sé spingendo contemporaneamente il telaio verso il basso fino a toccare il supporto sottostante. In una lezione, tra i vari alunni avevo una ragazza diversamente abile, si trovava in carrozzella. Per quella ragione non era in grado di stare in piedi ed effettuare le giuste manovre per stampare. Come insegnante non avevo idea di come poterla far stampare. Fortunatamente si è sempre detto che “necessità fa virtù”.

La soluzione al problema è arrivata dalla stessa ragazza. “Professore” mi ha detto “se io mi alzo in piedi e mi faccio rigida, tenendo le braccia in alto e stringendo la racla con le mani e voi mi prendete in due facendovi ruotaredi 90° fino ad essere in orizzontale, io, se mi usate come una stecca o racla, potreste trascinarmi sopra il telaio dall’alto verso il basso. Contemporaneamente io spingerò la racla sul telaio. In questa maniera anch’io potrò stampare una serigrafia. Un genio! Abbiamo fatto come ci ha suggerito la ragazza e lei è riuscita a stampare la prima serigrafia della sua vita. Un applauso scrosciante e risate con lacrime di commozione da parte di tutta la classe ha suscitato il successo della mente umana. Da allora saranno passati più di 20 anni ma per me è come se fosse accaduto ieri.

Colonne di Cnosso e Minotauro Serigrafia per Mostra a San Feliciano - Giuseppe Canali Artista

LA MOSTRA A SAN FELICIANO DEL TRASIMENO (Un treno perso)

Alcuni anni fa, nel paesino di San Feliciano sul Trasimeno, in occasione della festa del Giacchio, decisero che alcuni artisti potevano esporre le loro opere durante la festa. Ad ogni artista era stata destinata una locanda o una cantina nel vecchio centro storico e noi decidemmo di partecipare. Ci assegnarono come locale un forno, un negozio dove c’era anche il forno per fare il pane ormai in disuso.

Visitato il forno rimanemmo un attimino basiti in quanto era impossibile appendere anche un quadro alle pareti perché era proprio un negozio dismesso pieno di vecchi macchinari. Cercammo di capire come poter allestire una mostra in questo posto. Mia moglie ebbe un’idea. Dato che il lago Trasimeno è famoso per la lavorazione delle cannine del lago con le quali costruiscono i pergolati e tantissime altre cose disse: perché non prendiamo le cannine e costruiamo delle pareti finte e copriamo tutto quello che c’è nel negozio? L’idea non era malvagia.

Nel vicino paesino c’è proprio una produzione di cannine e allora andammo a parlare col proprietario dicendo che volevamo acquistare delle cannine per ricoprire le pareti di questo locale dove poi volevamo allestire una mostra. Fu molto gentile, pagammo pochissimo e queste cannine legate tra di loro divennero pannelli per coprire tutte le pareti e tutte le attrezzature del vecchio forno.

Una prima stanzetta la dedicammo a un’opera che avevo fatto insieme a mia moglie, quella chiamata la porta del Paradiso, dove una grande stampa di un fotomontaggio, che avevamo fatto con Photoshop nella zona di Calcata, veniva vista attraverso una vecchia porta semichiusa. Il significato dell’opera era questo: non c’è bisogno di andare tanto lontano per trovare la felicità o il paradiso, ma basterebbe guardare anche dietro una porta vecchia. Ossia la felicità si può trovare anche vicino a noi, basta saper guardare. E questa era più che altro l’opera di mia moglie Lucilla. Io volevo esporre la testa di un Minotauro che avevo fatto in terracotta con delle caratteristiche particolari: il viso da uomo e le orecchie e la lingua da mucca e con tanto di corna sopra un grande elmo. Per ambientarlo, volevo creare una specie di labirinto per arrivare al Minotauro.

Noi eravamo stati anni prima nell’isola di Creta a Cnosso e io avevo fotografato le colonne di questo posto. Allora l’idea mia è stata quella di stampare in serigrafia su della carta da disegnatore le colonne che avevo fotografato a Cnosso. Però stampare dei rotoli di carta lunghi più di 15 m non era facile. Anche in questo caso chiesi il permesso di usare il laboratorio di serigrafia di scuola . Ottenni il permesso di lavorare nel laboratorio per creare quest’opera d’arte. Naturalmente mi aiutò mia moglie e stampammo due strisce di carta da disegnatore lunghe 15 m in maniera da poterle applicare sulle pareti che avevamo costruito con le cannine. Inoltre applicammo sopra le cannine delle reti da pesca nuovissime di colore rosso che un pescatore ci aveva prestato per la mostra. Dall’ingresso non si riusciva a vedere direttamente la fine del corridoio perché l’avevamo fatto curvo in modo che desse l’idea del labirinto.

La luce l’avevamo messa solo alla fine di questo corridoio dei 15 m perciò dall’ingresso sembrava un corridoio scuro, si vedeva e non si vedeva. In fondo ho posizionato un parallelepipedo di legno con sopra la testa del Minotauro e solo un faretto illuminava la testa. Era di grande effetto e inaugurata la mostra parecchia gente è venuta a visitarlo. La cosa particolare è stata quando due signore del paese non sono entrate. Si erano fermate all’ingresso e una diceva all’altra: “io non entro perché tengo paura” e l’altra d’accordo con lei non è entrata.

Casualmente eravamo presenti io e mia moglie fuori, proprio all’ingresso. La cosa ci ha fatto sorridere però non abbiamo insistito con le signore perché in effetti faceva un po’ impressione entrare in un corridoio semi buio con queste colonne senza vedere la fine “del labirinto”. Questa è stata la prima esperienza strana all’inaugurazione. Un altro giorno mi trovavo vicino alla testa del Minotauro ed è arrivato un signore che si è messo a guardare da vicino il Minotauro. Fino a qui nulla di strano.

Ad un certo punto, dopo aver fatto almeno tre giri per osservarlo meglio, mi guarda e dice: l’ha fatta lei questa scultura? Sì, rispondo io. E’ bella questa scultura in legno. Ed io rispondo: guardi che non è in legno ma in terracotta. E lui subito no, no questo è in legno e si vede bene. Allora gli ripeto che sono io sono l’autore e le assicuro che è di terracotta. E lui invece seguitava a dire che quella scultura era di legno. Ad un certo punto: scusi, ma dato che l’ho fatta io adesso gliela giro e gli faccio vedere che è di terracotta. L’ho girata e lui è rimasto molto colpito. “E’ un bellissimo lavoro, mi venga a trovare a Deruta”. Mi da un biglietto da visita che io metto in tasca senza nemmeno guardarlo. Poi mi è passato di mente l’invito che mi ha fatto quello strano signore ed è così che è finita la storia.

Fatta la mostra, quanto a distanza di un mese parlo con mia sorella che vive lì e le ho detto: lo sai che a me un giorno un signore mi ha invitato di andarlo a trovare a Deruta, ma io sto a Roma e non mi va. E lei mi chiede chi sia. Le ho detto il nome e lei: questo è uno dei proprietari dei più antichi forni di ceramica di Deruta. E’ uno che invita gli artisti che l’hanno colpito a fare delle opere lì al laboratorio suo e gli fa fare una mostra gratuita. Beh io ci sono rimasto un po’ male nel senso che non ho sfruttato l’occasione. Ho perso un treno che poteva essere importante per me. Ho fatto uno sbaglio a non andarci, perché a distanza di tempo, una grande artista di Calcata, molto quotata, si vantava tanto di aver fatto una mostra proprio nel laboratorio di quel signore che mi aveva invitato a Deruta. D’altronde non è che si può fare tutto nella vita.

COMMEMORAZIONE
Una nostra cara amica Artista di nome Giovanna Colacevich ci aveva lasciato da appena un anno.

Tra tutti gli artisti di Calcata, che l’avevano sempre apprezzata, circolava voce di voler allestire una mostra in suo onore. Giovanna Colacevich faceva videoarte e allora la volli ricordare a modo mio. La mostra si sarebbe tenuta al Granarone di Calcata dove il soffitto arriva anche a 8 m di altezza.

Volevo fare una cosa in suo onore che tutti i visitatori si sarebbero ricordati per sempre. Penso ad alcune possibilità, faccio dei bozzetti, e poi traggo spunto dall’essenza del suo lavoro. Televisione e viso della Colacevic. Sembra troppo difficile realizzare l’opera. Penso, pondero, analizzo e decido.

Uso 10 m di rotolo di plastica trasparente largo un metro. Su questo rotolo voglio stampare in serigrafia, ripetuti uno dopo l’altro il circuito stampato come se fosse una pellicola fotografica. Sopra il circuito stampata la sagoma del viso di Giovanna. Facile a dirsi, ma quasi impossibile da farsi. Però io ho a disposizione il laboratorio di serigrafia dove posso comporre allineando i banchi di scuola uno dopo l’altro fino a raggiungere una lunghezza di 10 m. Preparo due telai, uno con il circuito elettronico del televisore e l’altro con il viso di Giovanna Colacevich ad alto contrasto.

Naturalmente chiedo al mio direttore di poter rimanere un pomeriggio a scuola per poter fare la stampa sulla striscia di plastica. Permesso accordato. Mia moglie mi dà una mano perché da solo non potrei farcela. Non posso tenere fermo con una mano il telaio e con l’altra stampare. Telai pronti, tavoli allineati, rotolo di pellicola posizionata e bloccata con uno scotch. Segnate le misure dove poggiano telai. Primo passaggio: stampa del circuito elettrico alternando stampa e vuoto altrimenti si potrebbe macchiare.

Finito il primo passaggio, stampa del circuito nelle zone lasciate vuote dato che la prima stampa é già asciutta e non può più macchiare. Faccio la stessa cosa con il viso della Colacevich. Finita la stampa la stendiamo sulla ringhiera del corridoio di scuola. Portata la striscia stampata a Calcata dove bisogna creare l’opera. Il nostro vecchio televisore viene rotto in tanti pezzi. Lucilla si occupa della doratura dei pezzi. Il lavoro è fatto, bisognerà montarlo al Granarone. Tutti i pezzi del telaio dorati vengono ammonticchiati in terra. Da questo mucchio parte verso l’alto la lunga striscia di pellicola di plastica stampata ancorata ai travi del soffitto. Et voilà: il gioco è fatto. Grande impatto visivo. Grande successo di critica e di pubblico.